Questo è il Parco Bassini, un anno dopo le proteste che hanno visto studenti, professori e attivisti opporsi alla costruzione del nuovo edificio di Chimica del Politcenico di Milano.
Parco Bassini – 10 Dicembre 2019 Parco Bassini – 18 Dicembre 2020
Il Politecnico di Milano l’ha raso al suolo, con l’arroganza a cui siamo abituati in questa città: un ettaro di parco con alberi di oltre 70 anni sparito.
Noi riconosciamo il valore dell’istruzione – a differenza dei nostri politici – perchè sappiamo che l’innalzamento della temperatura di oggi è in linea per arrivare a +3ºC certi entro fine secolo.
Con +3ºC di media le zone abitabili dall’uomo in questo pianeta saranno praticamente inesistenti e i problemi che dovremo affrontare non ci permetteranno, molto probabilmente, di accedere all’istruzione. L’innalzamento dei mari che raggiungerà i 20 metri e coprirà gran parte della Pianura Padana, siccità e carestie, migrazioni che neanche la Bibbia si immaginava poichè al tempo la popolazione mondiale era circa 170 milioni di persone – quasi 50 volte inferiore a quella attuale – sono parte delle sofferenze che dovremo affrontare.
È ovvio che non è la costruzione dell’edificio in se che cambierà le sorti del pianeta, però fa rabbia che un’università – di carattere tecnico, oltretutto – non comprenda il rapporto tra le proprie esigenze e quelle del pianeta – che ci permette di vivere, mangiare e studiare.
Le università dovrebbero essere la nostra speranza in quanto luoghi del sapere e dovrebbero portare avanti una visione che – quando applicata su larga scala – tenda a ridurre il problema, non accentuarlo. Insegnando il valore della Natura e della sua diversità che permette alla vita di fiorire. Cercando di rompere il modello attuale di produzione e consumo che trasforma materia viva in inerte, lasciando ai nostri figli una terra che non riuscirà a dar loro cibo, ma che sarà piena dei monumenti del nostro “progresso”.

Ma questa è una lettura che non piace nè a chi dirige il Politecnico, ne al Comune di Milano che pensano che possiamo continuare a costruire – distruggendo biodiversità – all’infinito, perché tanto quando avremo finito lo spazio potremmo salire in verticale e perchè il progetto “ForestaMI” compenserà le nostre emissioni.
Ad oggi, le prove continuano a confermare che in questa città si è detto molto, ma fatto pochissimo.